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Caro Presidente, chi difende la Juve?

Carissimo Presidente, qualcosa non va. E non sto parlando delle scelte di campo dove, sappiamo benissimo, stiamo sperimentando e sperimenteremo ancora. Con Pirlo al comando, che mi è piaciuto e mi piace.

Il problema è mediatico, e il peso che stiamo dando alla nostra presenza mediatica (praticamente nulla) e come stiamo difendendo un brand. Un brand di un’azienda che è cresciuta a tripla velocità rispetto a ogni altra azienda sportiva d’Italia. Questo è un merito, ma tali meriti sembrano a oggi non corrispondere con la difesa del marchio.

In parole povere, a leggere i giornali e ad ascoltare – nostro malgrado – le trasmissioni sportive: ci pisciano in testa da tutte le parti, senza ritegno, e quasi sempre senza un fondamento di dato fattuale.

Che il giornalismo, quello vero, non esiste più lo sappiamo da tempo. Che questa nuova specie di giornalismo debba infangare la nostra storia, il nostro marchio e i nostri colori ogni ora di ogni giorno ci sembra esagerato.

Perché esiste un modo per reagire, provando a riportare equilibrio laddove equilibrio non c’è.

Due esempi stupidi che rendono bene l’immagine dello sfacelo più totale:

  1. il Napoli non si presenta a Torino falsificando rapporti e motivazioni, ma un lettore poco attento si è fatta l’idea che la Juve abbia abusato delle regole con relativo vantaggio in classifica. Non abbiamo commentato e non commenteremo le richieste assurde dei vari Piccinini, o i pianti levati da Napoli, ma certamente non possiamo non soffermarci sul fatto che nessuna risposta ufficiale è stata data a istituzioni e ministri e sindaci e giornalisti che hanno calpestato le regole facendoci passare per i furbetti, quando siamo stati gli unici ad applicare il protocollo e le regole;
  2. il caso Suarez, dove si è letto di tutto e di più e su cui continuano a scrivere ogni possibile porcata, da Travaglio a Varriale e altri compagnetti dell’antijuventinismo più sfrenato.

A nostro avviso questa assenza mediatica – non di quest’anno – si sta riflettendo anche sul campo dove “tutto si può contro la Juve”. Anche non assegnare rigori che col VAR andrebbero assegnati, e pazienza se qualche fuorigioco poteva anche essere rivisto. E in atteggiamenti che trasformano Benevento e Crotone nel Barcelona di turno, con ovviamente nostri ampi demeriti. Ma tutto torna, secondo la nostra esperienza.

Nel frattempo punti persi, e la sensazione – ripetiamo – che contro di noi tutto non solo è possibile, ma tutto si deve fare, lecito e non lecito, pur di fermarci.

Questa non è la Juve che tifiamo.

La famosa subcultura che odia la Juve a prescindere sta diventando sempre più non un alibi, ma uno strumento per limitarci. E questo non va bene.

Mediaticamente non esistiamo. In RAI possono permettersi di tutto, e non una rettifica. Figuriamoci in quella che chiamano SkyJuve che di Juve ha solo i collegamenti pre-partita. Fortunatamente Gazzetta e Corriere e altri giornalacci stanno vendendo sempre meno.

Qualche colpo bisognerà pure batterlo, o no? Perché a noi verrebbe anche da pensare male. Spiego meglio.

C’è un film cult del cinema italiano, dove Lino Banfi interpreta un superbo allenatore che riesce nell’impresa di salvare una squadra di Serie A il cui Presidente aveva assemblato con l’obiettivo occulto di ridimensionarla. Costava troppo, e bisognava fare un passo indietro. “M’avete preso per un coglione?” la scena esilarante di Oronzo Canà portato in trionfo.

Perché gira anche uno spiffero che allude a una sorta di tregua di vittorie bianconere per non sollevare l’ira degli avversari. Altrimenti diamo troppo fastidio.

Ecco, gentilmente: non vorremmo essere presi per coglioni.

Quindi attendiamo un colpo. Una presa di posizione. Perché così facendo ci rimettiamo posizioni in classifica, molti denari che servono all’azienda Juventus S.p.A. per mantenersi solida (alludo al quarto posto a oggi da difendere, per essere realisti con questo nuovo percorso) e soprattutto ci rimettiamo in amore verso un progetto che forse lei per primo sa quanto ci ha fatto godere.

Ma noi di godere non vorremmo smettere. Lei?

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